Nel karate
giapponese il saluto è spesso accompagnato dalla parola
"osu" pronunciata oss
La complessità simbolica del saluto implica, in senso posturale,
l'allineamento perfetto del ventre, del busto e della testa, centri della
volontà, dell'emotività e dell'intelletto. La posizione del saluto è
inizialmente verticale ed esprime la "via spirituale". Si inclina
poi orizzontalmente, ad indicare la "via materiale"
Tanto più
è profondo l'inchino, tanto maggiore è il rispetto portato nei confronti di
chi lo riceve
Dal punto
di vista tecnico il saluto può essere collettivo o individuale, effettuato in
piedi (ritsurei 立礼)
o in ginocchio (zarei 座礼).
Al momento di entrare nel Dojo bisogna salutare con un inchino discreto e
sincero rivolto alla "sede superiore" (kamiza 上座)
e lo stesso inchino deve essere eseguito ogni volta che i praticanti si
pongano di fronte o eseguano un esercizio di forma (kata)
RITSUREI
Il saluto in piedi deriva dal saluto consuetudinario giapponese e viene eseguito unendo prima i talloni (le punte dei piedi aperte a poco meno di 45°), mantenendo il busto e la nuca ben eretti e portando le mani con le dita tese e serrate lungo le cosce Questa posizione va mantenuta fino a che lo stato d'animo si sia fatto calmo e consapevole, quindi si piega poi in avanti il busto ed infine si torna in posizione eretta
Molti istruttori
raccomandano di non piegarsi troppo in avanti, in maniera da non far vedere la
nuca alle persone che si trovano davanti perché, secondo l'etichetta
giapponese, piegarsi fino a quel punto viene visto come un gesto di scusa e
non di saluto
ZAREI
Quando sta per cominciare la lezione gli allievi si allineano per grado (il
grado più alto all'estrema destra) lungo la "sede inferiore" del dōjō
(shimoza 下座)
mentre il maestro è solito sedersi di fronte a loro nella "sede
superiore" (kamiza). Dopo che il maestro si è seduto o dà il comando
gli allievi, dal grado più alto al più basso, si siedono nella tradizionale
posizione di seiza. Per mettersi correttamente in questa posizione bisogna
prima piegare la gamba sinistra ruotando leggermente a destra col busto,
quindi seguire con la gamba destra.
Gli alluci
restano a contatto o si incrociano mentre i talloni, rivolti verso l'esterno,
formano un incavo in cui ci si siede. La schiena è dritta e la testa eretta,
le spalle sono rilassate e le mani sono appoggiate sulle cosce coi palmi in
basso e le dita rivolte verso l'interno, le ginocchia sono aperte in modo
naturale - generalmente distanziate da due pugni - e determinano la stabilità
della postura. Il praticante deve tenere la colonna vertebrale diritta per
potere respirare in modo corretto.
Dalla
posizione di seiza è possibile la pratica della meditazione (mokusō 黙想),
seguita nel più profondo silenzio per consentire il raggiungimento
dell'armonia e della concentrazione. Uno degli elementi essenziali di questa
cerimonia si esprime nell'immobilità fisica e nel silenzio, che permettono di
spogliarsi delle proprie preoccupazioni e di farsi ricettivi agli insegnamenti
impartiti dal maestro
Sempre
dalla posizione di seiza è eseguibile l'inchino detto keirei 敬礼.
Si esegue appoggiando sul terreno di fronte a sé prima la mano sinistra e poi
la destra con i palmi in basso e le dita serrate e rivolte leggermente verso
l'interno, quindi si esegue un inchino in avanti senza sollevare i fianchi
dall'incavo dei calcagni.
Alla fine
di ogni inchino si torna in posizione di seiza riportando sulle cosce prima la
mano destra e poi la sinistra. A conclusione dell'ultimo saluto il maestro si
alza ed all'ordine «kiritsu 起立»
è seguito dagli allievi.
In alcune
palestre si torna alla posizione eretta rapidamente, con intenzione ed
energia, mentre in altre lo si fa seguendo all'inverso il rituale col quale ci
si è seduti. In alcune palestre di Karate durante il saluto vengono enunciate
le cinque regole del dōjō (dojo kun)
DOJO
KUN
I°
Hitotsu!
Jinkaku kansei ni tsutomuru koto!
One! It's
all about perfecting your personality!
cerca di
perfezionare il carattere
II°
Hitotsu!
makoto no michi o mamoru koto!
One! Protect
the True Way!
percorri la
via della sincerità
III°
Hitotsu!
doryoku no seishin o yashinau koto!
One!
Cultivate the spirit of hard work!
rafforza
instancabilmente lo spirito
IV°
Hitotsu!
reigi o omonzuru koto!
One!
Courtesy matters!
osserva un
comportamento impeccabile
V°
Hitotsu!
kekki no yu o imashimuru koto!
One! Refrain
from violence and acquire self-control!
astieniti
dalla violenza e acquisisci l'autocontrollo
La filosofia
racchiusa nel saluto si radica durante l'esercizio e deve estendersi a tutti
gli aspetti quotidiani.
Il rei offre un'occasione di riflessione ad ogni
praticante circa il comportamento da tenere verso gli uomini e verso la vita..
Il saluto è l'essenza del
rispetto ed il rispetto è l'anima dell'arte marziale.. Se
andasse perso, lo sarebbe anche il valore dell'arte marziale
「平和への戦士の挨拶の祈り」
"Saluto
del Guerriero preghiera per la Pace"
"Warrior's
Greeting Prayer for Peace"
Espressioni di
saluto
Al momento del saluto gli ordini sono solitamente impartiti dall'allievo più
anziano posizionato capofila all'estrema destra degli altri allievi. Tra
questi vi sono delle espressioni verbali che precedono l'inchino vero e
proprio e che possono variare a seconda delle circostanze:
«Shizen ni rei», il saluto rivolto al kami 神 solitamente si tratta dello spirito
protettore del dōjō, dell'altare o degli antenati.
«Kamiza ni rei», il saluto al kamiza 上座,
ossia il lato superiore del dōjō - tradizionalmente il più lontano
dall'entrata - che è riservato all'altare, ai maestri e spesso agli ospiti
illustri. Può esser considerato un'alternativa del precedente saluto
«Shōmen ni rei», il saluto allo shōmen 正面,
ossia il lato anteriore della palestra. E' un'ulteriore variante del
precedente saluto e tra i tre è il saluto più diffuso
«Shihan ni rei» o «Hanshi ni rei», i saluti al maestro
superiore, altamente onorato: shihan 師範 ed
in particolare hanshi 範士 son
titoli speciali riservati a maestri di livello (dan) molto elevato ed esterno
dalla gerarchia della scuola che insegna nel dōjō solo in rare
circostanze
«Sensei ni rei», il saluto al maestro o ai maestri (sensei 先生)
«Shidōin ni rei» il saluto all'istruttore o agli istruttori (shidōin
指導員)
«Senpai ni rei» il saluto all'allievo più anziano (senpai 先輩)
che sostituisce il maestro quando quest'ultimo non è presente
«Otagai ni rei» il saluto reciproco (otagai お互い)
che simboleggia l'unità ed esprime il rispetto che si deve agli altri
MOKUSO
Nelle discipline giapponesi del Budō, mokuso in giapponese 黙想 "pensiero tranquillo" si riferisce alla meditazione prima e dopo l'allenamento nella tradizione dello
zazen
Gli allievi dovrebbero distaccarsi dalla vita di tutti i giorni e prepararsi mentalmente per la pratica
Dopo che il Sensei ha annunciato l'inizio o la fine dell'allenamento, praticanti e maestri si preparano. A seconda delle discipline del Budō, ci si siede nella posizione di meditazione appropriata di Seiza, prima il Sensei e poi tutti gli allievi. Il Maestro ordina l'inizio della meditazione dicendo "Mokusō". A seconda dell'etichetta prevalente, è consuetudine chiudere gli occhi completamente o solo a metà e guardare in basso, oppure formare le mani in un mudra (gesto simbolico che in varie religioni viene usato per ottenere benefici sul piano fisico, energetico e/o spirituale). La respirazione è controllata con brevi inspirazioni attraverso il naso, brevi trattenute del respiro ed infine espirazioni molto lente attraverso la
bocca Tale ciclo dura circa 15 secondi
La meditazione termina dopo alcuni cicli respiratori con il battito delle mani o il comando "Rei" o "Mokusō Yame" a seconda della Scuola, dell'insegnante e della disciplina budō.
Seguono poi le altre parti della rispettiva cerimonia di benvenuto
FONTE WIKIPEDIA
LA
PRATICA DEL KARATE
COME LA VITA DI UN ALBERO
La pratica del
karate prevede tre fasi fondamentali che possono essere raffigurate da un
albero nella sua interezza. Le radici rappresentano il Kihon (KI=
radici e HON= base), ovvero l’apprendimento delle tecniche fondamentali e
degli schemi motori che con la pratica diventano via via sempre più
complessi. Questo allenamento base è composto da parate, attacchi e
controattacchi. Il Kihon non è codificato e può essere praticato in diversi
modi, ovvero con un movimento isolato o con sequenze dinamiche e più
complesse. Questa pratica aiuta il principiante ad imparare e ad acquisire le
tecniche di base ed eseguendola senza tregua, assicura l’acquisizione di una
meccanica gestuale completa
Il tronco dell'albero rappresenta il Kata, ovvero la Forma che è un
combattimento codificato con avversari immaginari durante il quale si eseguono
combinazioni di tecniche che richiedono la massima precisione di esecuzione.
Gli elementi fondamentali del Kata sono la tecnica, la contrazione muscolare,
la potenza, il ritmo e l'espressività
Il Kumite infine
rappresenta le foglie e i frutti dell'albero ed è la forma di combattimento
del karate. Si basa su tecniche portate con i piedi e con i pugni.
L’apprendimento è integrato in una pianificazione evolutiva adatta ad ogni
livello. La priorità è di riuscire ad eseguire le diverse tecniche con
controllo e seguendo regole precise
Si arriva al combattimento libero solo dopo un preciso percorso di maturazione
proprio perché questo richiede una conoscenza perfetta delle tecniche,
preparazione fisica, mentale e controllo assoluto dei colpi per evitare
qualsiasi tipo di incidente. Il colpo portato ha l’obiettivo di esprimerne
il potenziale. Quindi le tecniche vanno eseguite sempre con il controllo
completo
Storia delle
cinture di Karate
La storia delle cinture di karate è
affascinante e rappresenta un simbolo di progresso e dedizione nel
percorso d'apprendimento
Le cinture colorate sono utilizzate per indicare
il grado di abilità di un praticante di karate e sono una
tradizione che è stata adottata da diverse arti marziali in tutto
il mondo
Sebbene il sistema delle cinture sia stato
sviluppato principalmente nel XX secolo, le sue radici possono
essere fatte risalire a pratiche antiche di apprendimento e
maestria
Origini in Giappone: Il sistema
delle cinture è stato formalmente implementato dal maestro
giapponese Jigoro Kano, fondatore del Judo, agli inizi del XX
secolo
Kano ha introdotto le cinture colorate per
rappresentare i vari livelli di competenza e avanzamento degli
studenti, distinguendo i principianti dai praticanti più
esperti.
Le cinture inizialmente usate erano in gran
parte bianche e nere, il bianco rappresentava l'innocenza e la
mancanza di esperienza, mentre il nero simboleggiava la maestria
Sviluppo nel Karate: Il karate,
che ha una radice più antica e una tradizione diversa, ha
adottato il sistema delle cinture da Jigoro Kano
Il maestro Gichin Funakoshi, considerato il
fondatore del karate moderno, ha portato la pratica dal Giappone e
ha introdotto il sistema delle cinture ai suoi allievi. Da quel
momento, le cinture di karate sono diventate parte integrante
della disciplina e sono comprese in un sistema di gradi (kyu e
dan)
Kyu: Rappresentano gli studenti e
i praticanti principianti. Le cinture di kyu sono di vari colori e
rappresentano il progressivo avanzamento dal bianco (principiante)
fino a colorazioni più scure
Dan: Rappresentano i praticanti
esperti. Le cinture di dan partono dal primo dan (shodan) e vanno
avanti fino ai gradi più alti, che possono arrivare al decimo dan
Cinture di colore: Le cinture
di karate presentano una vasta gamma di colori che indicano i vari
livelli di abilità degli studenti. Ogni scuola di karate può
avere una propria variazione nel sistema dei colori, ma i colori
più comuni includono:
Nero: Rappresenta il primo
grado di maestria, il dan
Significato: Ogni avanzamento
di cintura non è solo un simbolo di abilità fisica, ma anche di
crescita personale, disciplina, rispetto e perseveranza. I
praticanti possono sentirsi motivati a migliorare non solo le loro
tecniche, ma anche il loro carattere e la loro etica
Quindi la cintura nera (shihan) nel karate
è un simbolo di competenza e maestria
I diversi colori della scritta in kanji che si trovano su alcune cinture nere possono variare a seconda della scuola o del sistema di arti marziali, ma generalmente hanno significati importanti legati al percorso di apprendimento dell’artista
marziale
Ecco un’interpretazione dei colori più comuni della scritta in kanji sulla cintura nera:
Nero (黒): Rappresenta la forza e la realizzazione. È il colore dell'esperienza e della competenza, simboleggiando che
il praticante ha acquisito una profonda comprensione dell'Arte
Bianco (白): È spesso associato ai principianti e simboleggia l'innocenza e la tabula rasa. Nella progressione delle cinture, il bianco segna l'inizio del viaggio nell'arte
marziale
Rosso (赤): Simboleggia il coraggio e la passione. In alcune scuole, una cintura nera può avere una scritta rossa per indicare un alto grado di competitività e
determinazione
Blu (青): Rappresenta la crescita e l'approfondimento dell'esperienza. La combinazione di nero e blu può indicare un allievo maturo e con esperienze
variegate
Verde (緑): Può simboleggiare la crescita, la freschezza e il
potenziamento
Giallo Oro (金色): Rappresenta l'ideale di eccellenza e il raggiungimento di un alto livello di abilità
Questi significati possono variare a seconda della tradizione o della federazione
quindi è sempre bene consultare le specifiche linee guida della Scuola o del
Maestro di riferimento per avere una interpretazione accurata
In conclusione, la storia delle cinture di
karate è un percorso di tradizione e progresso che rappresenta
l'impegno del praticante nell'arte marziale. Esse fungono da guida
sul cammino verso la maestria e il miglioramento personale